AMICI GIALLO VERDI
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I NODI IRRISOLTI DELL’ASSOCIAZIONISMO SINDACALE MILITARE
- di Cleto Iafrate
Ulteriori riflessioni in attesa dell’intervento legislativo dopo la sentenza n. 120/2018 della Corte Costituzionale e il parere n. 2756/2018 del Consiglio di Stato.
- Introduzione
In un precedente contributo, in occasione dell’analisi del parere reso in merito alla circolare emanata dal Ministero della Difesa a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 120/2018, era emersa una certa contiguità tra la Seconda Sezione del Consiglio di Stato ed il Ministero della Difesa.
In particolare, era stato segnalato che la predetta Sezione di Palazzo Spada “ha espresso al di fuori della sede ‘processuale’ un proprio orientamento su tematiche che potrebbe poi dover riaffrontare in sede contenziosa […] sarebbe stato maggiormente conveniente che un parere su tali questioni fosse stato espresso dalla ‘Sezione Consultiva per gli atti normativi’ dello stesso Consiglio di Stato, che è formata da Giudici diversi rispetto a quelli presenti nella Seconda Sezione[1]”.
Scopo del presente scritto, invece, sarà quello di illustrare alcune questioni non trattate né dalla Corte Costituzionale, né dal Ministero della Difesa, né dal Consiglio di Stato, ma con cui il Legislatore dovrà confrontarsi.
LE ASSOCIAZIONI MILITARI A CARATTERE SINDACALE: CRONACA DI UN DISINNESCO – di Cleto Iafrate
- Premessa
La Corte costituzionale con sentenza n. 120/2018 ha dichiarato illegittimo l’art. 1475, comma 2, del Codice dell’ordinamento militare, nella parte in cui prevede che “i militari non possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali”, invece di prevedere che “i militari possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale alle condizioni e con i limiti fissati dalla legge”. La Corte ha ritenuto che la disposizione fosse incompatibile con parametri di fonte internazionale, quali l’art. 11 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e l’art. 5 della Carta Sociale Europea (quali parti di un “sistema di tutela uniforme”), nonché con le sentenze CEDU sui casi Matelly e AdefDroMil; norme vincolanti ai sensi dell’articolo 117, primo comma, della Costituzione. Read the rest of this entry »
IL MOBBING MILITARE PARTE SECONDA. Ulteriori considerazioni a margine dell’intento persecutorio. Un caso di mobbing in Guardia di Finanza – di Cleto Iafrate
- Introduzione
In un precedente articolo, abbiamo inquadrato il fenomeno del “mobbing”, ed in particolare le peculiarità del “mobbing militare”, ovvero il mobbing che sovente avviene all’interno delle caserme, ove vigono delle relazioni organizzative fortemente gerarchizzate, da cui emergono “fisiologiche conflittualità”.
In quell’occasione, infatti, abbiamo evidenziato che “la dimostrazione del mobbing è attività assai complessa, se non viene dimostrato l’intento persecutorio, il lavoratore militare rischia di essere vessato in maniera indisturbata. […] Tutto ciò, nonostante sia riconosciuto il clima di “fisiologiche conflittualità tra subordinati e superiori gerarchici, particolarmente esasperati in un ambiente, quale quello militare, in cui il principio della superiorità gerarchica permea profondamente la disciplina del rapporto di servizio”.
Però, una recente sentenza del Tar Veneto sembra aprire uno spiraglio “garantista” nei confronti dei lavoratori militari vittime di vessazioni.
NON E’ CONDIVISIBILE LA PROPOSTA DI SCIOGLIERE LA DIREZIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA – di Cleto Iafrate
(in memoria del Colonnello Omar Pace)
“Al ministro dell’Interno l’ho detto l’ultima volta a Ferragosto: sciolga la Dia e faccia rientrare nei corpi d’appartenenza i poliziotti, i carabinieri e i finanzieri”. Lo ha affermato il capo della Procura distrettuale antimafia di Catanzaro, Nicola Gratteri, nel corso di un confronto pubblico tenutosi nei giorni scorsi in piazza a Diamante (Cosenza).
Immediata è stata la replica dell’ex procuratore nazionale antimafia Franco Roberti: «Con tutto il rispetto per il collega Gratteri, di cui ho grande stima, devo dire che non mi sento di condividere questo giudizio. Intanto perché la DIA è un organismo investigativo, che dovrebbe raccogliere gli elementi più qualificati degli altri corpi di polizia e impiegarli nella lotta alla mafia. Fu concepita nel 1991 da Giovanni Falcone per affiancare la magistratura antimafia nelle indagini più delicate e complesse (…) la DIA non era nata per essere una quarta forza di polizia, ma una agenzia interforze, verso cui far confluire non solo gli uomini più qualificati, ma tutti i dati di indagine da parte delle altre forze di polizia. Per poterli rielaborare e rilanciare sotto forma di impulsi investigativi (…) e questa sua natura deve essere valorizzata, non certo annientata, perché è uno strumento in più contro le mafie. (…) Perché nella multidisciplinarietà e nel fatto di ricevere tutte le informazioni proprio da dette forze di polizia, sta la peculiarità di questo organismo e la sua perdurante utilità».
IL TITOLO DI STUDIO ALL’INTERNO DELLE FORZE DI POLIZIA AD ORDINAMENTO MILITARE NON VALE UN “CIPPO” – di Cleto Iafrate
Di seguito un intervento “semiserio” di Cleto Iafrate in materia di ricompense militari e progressione di carriere.
«Impegnati, studia, prenditi un diploma, meglio una laurea, così potrai farti una posizione».
Ci dicevano i nostri genitori. E noi non ci stanchiamo di ripeterlo ai nostri figli.
Pare però che all’interno delle forze di polizia ad ordinamento militare le cose vadano diversamente.
I militari in forza all’Arma dei Carabinieri e al Corpo della Guardia di Finanza si suddividono in tre categorie: ufficiali, sottufficiali e truppa, di cui fanno parte i militari appartenenti al ruolo appuntati e agenti (carabinieri e finanzieri).
La categoria dei sottufficiali, invece, ricomprende il ruolo degli ispettori e quello dei sovrintendenti.
PUR DI NON DARE RAGIONE A UN CARABINIERE, LA SECONDA SEZIONE DEL CONSIGLIO DI STATO SCONFESSA LA QUARTA (nota a parere n.1355/2017 del Consiglio di Stato) di Cleto Iafrate
- PREMESSA
Il Davide della vicenda di cui ci occuperemo di seguito è un giovane carabiniere, di quelli che nella scala gerarchica è collocato agli ultimi posti e, pertanto, ha quasi sempre torto. Nell’ideologia militare, infatti, il superiore ha ragione a prescindere.
Il carabiniere, vedendosi respinta una istanza di trasferimento, presenta prima un ricorso gerarchico – anch’esso rigettato – e, successivamente, un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.
Nell’ambito del ricorso gerarchico, per dimostrare la fondatezza dei motivi addotti, estrae copia di atti d’ufficio conservati nel carteggio ordinario della stazione nella quale presta servizio. Atti, quindi, che erano nella sua disponibilità e che in seguito saranno definiti dai Giudici di Palazzo Spada come “necessari per la difesa nel ricorso”.
IL NUOVO FOGLIO NOTIZIE PER IL RILASCIO DELLE ABILITAZIONI DI SICUREZZA: “NITRO” SUGLI APPARATI DI SICUREZZA O FUMOGENO SULLA DEMOCRAZIA? di Cleto Iafrate
«I presagi son quei segnali di cose future che riconosciamo quando il futuro è ormai scivolato nel passato» (T. Allen)
- Introduzione
Le abilitazioni di sicurezza sono rilasciate a quanti, persone fisiche o giuridiche, abbiano la necessità di trattare informazioni classificate. Le informazioni classificate sono quelle contenute in documenti o supporti magnetici recanti una delle seguenti quattro stampigliature: segretissimo (SS), segreto (S), riservatissimo (RR) e riservato (R). Ad apporre la stampigliatura è sempre l’originatore del documento (per esempio, il direttore servizio che programma l’operazione che deve rimanere segreta).
Le quattro classifiche di sicurezza corrispondono ad altrettanti livelli di segretezza e dipendono dalla gravità del danno che la rivelazione non autorizzata dell’informazione causerebbe alla sicurezza dello Stato.
Le informazioni classificate sono presidiate dall’art. 262 del codice penale. La tutela predisposta nel codice, però, non è rigidamente sovrapponibile alla disciplina della classificazione. Tale circostanza non è priva di conseguenze, per un approfondimento sul punto clicca qui.
Le abilitazioni di sicurezza sono essenzialmente di due tipi: il NOSI, per gli operatori economici, e il NOS per le persone fisiche.
Il nulla osta di sicurezza industriale (NOSI) legittima l’operatore economico a partecipare a gare di appalto per l’affidamento di contratti classificati, eseguire lavori di manutenzione, fornire beni e servizi, realizzare opere, studi e progettazioni di cui sia risultato aggiudicatario o assegnatario. Questa speciale abilitazione sarà oggetto di approfondimento con separata trattazione.
LO STAMPIGLIO: SPAURACCHIO DI MILITARI, POLIZIOTTI E AGENTI
- Premessa
Qualche settimana fa ho pubblicato sul mio profilo facebook un post nel quale ho illustrato alcune problematiche afferenti agli aspetti processuali del segreto di Stato.
In particolare, ho cercato di analizzare, servendomi della metafora calcistica, le diverse risposte che, a partire dal codice Rocco, il nostro ordinamento ha fornito a una domanda antica e decisiva: “A chi spetta l’ultima parola in caso di opposizione del segreto di Stato?”
Il post ha ricevuto diversi like e anche qualche commento. Colpisce quello postato da Walter Bazzanella, non solo per il contenuto, ma anche per l’autorevolezza della fonte. Un commento appassionato e ricco di spunti, che pesa come un macigno sulla storia della nostra Repubblica, di cui riporto di seguito solo uno stralcio:
MARAMAO PERCHE’ SEI MORTO?…
RIFLESSIONI SULL’ATTUALE REGIME DI TUTELA DEI DELEGATI DELLA RAPPRESENTANZA MILITARE………………CHI DIFENDERA’ I DIFENSORI???
In questa libera manifestazione di pensiero si vuole trattare l’argomento che concerne la tutela dei delegati della Rappresentanza militare e le criticità che emergono nel sistema.
La rappresentanza militare è l’istituto interno alle forze armate italiane, previsto dalla legge 11 luglio 1978 n. 382, il cui scopo è quello di tutelare il personale appartenente alle forze armate in alcuni limitati ambiti consentiti dalla legge.
Gli organi della rappresentanza militare si distinguono in:
- Co.Ce.R (Consiglio Centrale di Rappresentanza): organo centrale, a carattere nazionale ed interforze, articolato in sezioni di Forza Armata o di Corpo Armato rappresenta unitariamente il personale dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica, dell’Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera;
- CoIR (Consigli Intermedi di Rappresentanza): organo di rappresentanza intermedio, svolge la sua attività presso gli Alti comandi. Ogni Ente di Forza Armata di livello divisione o superiore è rappresentato dal suo COIR;
- CoBaR (Consigli di Base di Rappresentanza): organo di base di rappresentanza del personale militare, generalmente opera a livello reggimentale, sulle Unità Navali da guerra e rappresenta il personale presso il Comandante di Corpo.
A PROPOSITO DI RISERVATE PERSONALI…
Nella presente manifestazione di pensiero, ho ritenuto opportuno formulare qualche considerazione in merito al cattivo uso delle cc.dd. “riservate personali” che le cc.dd “Gerarchie” sovente indirizzano ai militari (gerarchicamente) amministrati quale manifestazione cartolare espressione tipica dell’esercizio della c.d. “azione di comando” ma che spesso si traducono in vessazioni e danni alla carriera dei militari. Ho cercato di affrontare il problema, attingendo a lavori pregressi frutto di studi e approfondimenti effettuati da colleghi della rappresentanza dell’Arma dei Carabinieri, a cui va il mio ringraziamento e le espressioni di gratitudine e di alta considerazione.
Ma partiamo dall’origine sperando che il lettore possa cogliere ulteriori spunti di riflessione sull’attuale stato di salute del Comparto Sicurezza – Difesa e sugli effetti prodotti nei confronti dei dipendenti specie delle categorie sottufficiali e militari di truppa.
Iniziamo da un punto ritenuto, da molti, di svolta sulla democratizzazione delle Forze Armate: l’articolo 1 della legge 382/1978 (Norme di principio sulla disciplina militare e istituzione della Rappresentanza Militare).
La disciplina militare è stata definita, in dottrina, come il complesso delle norme che regolano lo status militare e, di conseguenza, i rapporti tra militari, con particolare riguardo al principio della subordinazione gerarchica ai doveri ed alle misure atte a stimolarne e garantirne l’osservanza.
La definizione giuridica viene fornita dall’art. 1346 del D. Lgs. 15/03/2010, n. 66 (c.d. Codice dell’ordinamento militare), secondo cui “la disciplina del militare è l’osservanza consapevole delle norme attinenti allo stato di militare in relazione ai compiti istituzionali delle Forze armate e alle esigenze che ne derivano”.