IL NUOVO FOGLIO NOTIZIE PER IL RILASCIO DELLE ABILITAZIONI DI SICUREZZA: “NITRO” SUGLI APPARATI DI SICUREZZA O FUMOGENO SULLA DEMOCRAZIA? di Cleto Iafrate

«I presagi son quei segnali di cose future che riconosciamo quando il futuro è ormai scivolato nel passato» (T. Allen)

  1. Introduzione

Le abilitazioni di sicurezza sono rilasciate a quanti, persone fisiche o giuridiche, abbiano la necessità di trattare informazioni classificate. Le informazioni classificate sono quelle contenute in documenti o supporti magnetici recanti una delle seguenti quattro stampigliature: segretissimo (SS), segreto (S), riservatissimo (RR) e riservato (R). Ad apporre la stampigliatura è sempre l’originatore del documento (per esempio, il direttore servizio che programma l’operazione che deve rimanere segreta).

Le quattro classifiche di sicurezza corrispondono ad altrettanti livelli di segretezza e dipendono dalla gravità del danno che la rivelazione non autorizzata dell’informazione causerebbe alla sicurezza dello Stato.

Le informazioni classificate sono presidiate dall’art. 262 del codice penale. La tutela predisposta nel codice, però, non è rigidamente sovrapponibile alla disciplina della classificazione. Tale circostanza non è priva di conseguenze, per un approfondimento sul punto clicca qui.

Le abilitazioni di sicurezza sono essenzialmente di due tipi: il NOSI, per gli operatori economici, e il NOS per le persone fisiche.

Il nulla osta di sicurezza industriale (NOSI) legittima l’operatore economico a partecipare a gare di appalto per l’affidamento di contratti classificati, eseguire lavori di manutenzione, fornire beni e servizi, realizzare opere, studi e progettazioni di cui sia risultato aggiudicatario o assegnatario. Questa speciale abilitazione sarà oggetto di approfondimento con separata trattazione.

  1. Il nulla osta di sicurezza e il nuovo modello di foglio notizie

 

Il nulla osta di sicurezza (NOS) è, come detto, un’abilitazione di sicurezza che consente alle persone fisiche la trattazione di informazioni classificate.

L’abilitazione è rilasciata all’esito di un procedimento di accertamento dell’affidabilità dell’abilitando, in termini di “scrupolosa fedeltà alle istituzioni della Repubblica, alla Costituzione e ai suoi valori, nonché di rigoroso rispetto del segreto”.

Il NOS è molto importante per la carriera di militari e funzionari della Pubblica Amministrazione in quanto può influenzarne l’andamento: chi non ha i requisiti per ricevere l’abilitazione non può assumere gli incarichi nei quali essa è richiesta. In ambito militare gli incarichi che richiedono il possesso delle credenziali NOS sono numerosi. Per un agente segreto operativo, per esempio, la revoca o il mancato rinnovo del NOS determina il trasferimento ad altro incarico e la conseguente perdita delle indennità, se previste.

Il NOS non può mai essere chiesto dai singoli interessati, ma deve essere richiesto da un soggetto pubblico o dal funzionario alla sicurezza (FAS) dell’operatore economico abilitato a trattare informazioni classificate. In ambito militare a richiederlo è sempre un ufficiale – di norma il responsabile dell’impiego dell’abilitando – già in possesso di NOS di livello e qualifica almeno pari a quella che si richiede.

 

Tutte le richieste di abilitazione vanno inoltrate, per via gerarchica, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento delle informazioni per la Sicurezza/Ufficio centrale per la Segretezza.

La domanda deve essere corredata, a pena di improcedibilità, da una serie di allegati. Tra questi, un “foglio notizie” personali, da compilare a cura dell’abilitando, e una dichiarazione con cui lo stesso acconsente a che siano eseguiti nei suoi confronti accertamenti in relazione alle informazioni fornite, nonché eventuali verifiche periodiche che si rendessero necessarie in caso di rilascio dell’abilitazione di sicurezza.

 

Dallo scorso settembre, a seguito di revisione della modulistica, è stato adottato un nuovo modello di foglio notizie. Il nuovo format (versione 2017) presenta alcuni elementi non trascurabili di novità, sui quali vale la pena soffermarsi.

L’abilitando, per consentire all’autorità procedente di valutare la sua affidabilità, dovrà fornire, oltre a tutte le notizie già richieste dal precedente modello, anche le generalità della persona con la quale mantiene una stabile relazione affettiva accompagnata dalla convivenza e gli indirizzi e-mail e i siti web, blog e profili social network in cui è iscritto (facebook, twitter e linkedin). In particolare, deve indicare se gestisce uno o più siti web e/o blog e fornire i relativi indirizzi (URL) completi. Deve, poi, fornire tutti gli indirizzi mail in uso e indicare username/nickname con cui opera su facebook, twitter e linkedin. Con l’avvertenza che l’incompletezza dei dati forniti è suscettibile di essere valutata quale indice di inaffidabilità e determina il diniego dell’abilitazione. Con la sottoscrizione del foglio notizie si obbliga, inoltre, a segnalare tempestivamente ogni mutamento significativo della propria situazione personale o familiare, nonché ogni altro elemento che potrebbe assumere rilevanza ai fini del possesso dell’abilitazione di sicurezza.

Da una prima lettura parrebbe, quindi, che ogni volta che l’abilitato cambia compagna, profilo o nickname debba prontamente segnalarlo, altrimenti rischia di perdere le credenziali NOS.

 

Come noto, i profili sui social network sono spesso impostati a visibilità limitata non solo perché rivelano varie informazioni personali tutelate dalla privacy – tra cui l’orientamento sessuale, la fede religiosa, l’umore, la fede calcistica, e così via – ma soprattutto perché svelano l’orientamento politico dell’internauta. Da una recente ricerca è emerso che è proprio l’orientamento politico il campo in cui i profili sono più affidabili.

Da una prima analisi, verrebbe da dire:

- «Era ora, avremo finalmente agenti segreti dal profilo senza macchia».

- «Questa innovazione farà certamente crescere i livelli di sicurezza».

- «E’ come un “nitro” sui nostri apparati di sicurezza».

Il nitro (nitrato di potassio) è utilizzato per far crescere le piante (in agricoltura), ma anche per smacchiare gli abiti; tale utilizzo del nitro risale addirittura al 600 [1]a.C..

E’ noto, però, sin dai tempi di Re Salomone[2], che il nitro, se combinato con altre sostanze, ha effetti differenti. In certi casi dirompenti!

Mescolando il nitro con la polvere di carbone, per esempio, si ottiene un potente fumogeno, in grado di creare una densa e duratura cortina di fumo. Nell’arte militare il fumogeno viene utilizzato principalmente per nascondere al nemico le operazioni militari, in particolare gli spostamenti di uomini e mezzi.

 

Nel nostro caso, la polvere di carbone è l’art. 1 del decreto 24 ottobre 2014, n. 177, che, per motivi di sicurezza, esclude dal diritto di accesso amministrativo “i documenti concernenti le procedure di rilascio, diniego, limitazione, sospensione, revoca e proroga relative ai Nulla osta di sicurezza”.

Tale divieto in passato era contenuto nel D.M. 519/1995, sul quale si sono abbattute ripetutamente le sentenze del Consiglio di Stato, che più volte ne hanno ordinato la disapplicazione[3]. Ciononostante, il divieto si è “reinsediato” nel “decreto-carbone” citato, incurante del consolidato orientamento giurisprudenziale.

 

Il fatto che si chieda all’abilitando di svelare, attraverso il profilo, il suo orientamento politico e, in caso di diniego/limitazione delle credenziali NOS, non si consenta l’accesso agli atti che hanno determinato il provvedimento, non lascia presagire nulla di buono.

Una tale criterio di selezione del personale cui affidare la sicurezza non convince, ma soprattutto non rassicura; e mi pare riportare il Paese indietro di almeno sessant’anni, con tutte le conseguenze che potrebbero derivarne.

Quando si legifera in questi campi così nevralgici per la democrazia del Paese non si può improvvisare. E’ necessario conoscere e tener ben presente la storia passata – in particolare, quali eccessi si sono avuti – e poi bisogna chiedersi se i provvedimenti emanati siano idonei ad evitare che si ripetano.

 

  1. Memorie storiche

 

Dire che la tematica è delicatissima significherebbe non dargli la giusta importanza, essa si occupa di un potere che se non opportunamente arginato potrebbe collocarsi al di furi e al di sopra della classica tripartizione dei poteri.

 

  1. Se si intende la politica come la “madre di tutte le cose”, si può affermare che questa materia attiene alla madre della politica. Cito un caso recente. La Corte europea è stata chiamata a pronunciarsi su un caso “ceco”, originato dal ricorso del Vice Ministro della Difesa che contestava la decisione amministrativa con cui gli era stato revocato il NOS, che rappresentava un prerequisito per mantenere il proprio posto nel Ministero della Difesa. Il Vice Ministro nel ricorso ha sostenuto di non aver avuto un giusto processo perché non ha potuto accedere a prove decisive, in quanto qualificate come informazioni riservate, durante il procedimento nel quale ha impugnato la decisione di revoca. Ciononostante, la Grande Camera della Corte di Strasburgo – sebbene a maggioranza (dieci voti a sette) – ha escluso che vi fosse stata una violazione dell’art. 6 § 1 (diritto ad un giusto processo) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo[4].

Non conoscendo gli atti – e come potrei se le prove sono riservate – non ho elementi per esprimere un giudizio; ma una cosa mi sento di dirla: se si autorizza un’autorità amministrativa a rimuovere un ministro regolarmente eletto sulla base di prove inaccessibili all’interessato, allora bisognerà riscrivere i principi fondamentali alla base delle costituzioni europee e segnatamente quello relativo alla titolarità della sovranità.

 

  1. Ed ancora, se si intende la magistratura come “guida della macchina della giustizia”, si può affermare che in passato questo potere si è interessato al “telecomando di quella macchina”. Mi riferisco, per esempio, all’intervista rilasciata qualche anno prima di morire, dal Generale Francesco Delfino, già comandante del nucleo investigativo dei Carabinieri di Brescia. L’alto ufficiale, in relazione allo stragismo impunito, ha affermato: «Esisteva una rete molto vasta di personaggi che facevano capo alle basi militari. (…) Sto parlando di un potere non italiano che ha determinato il caos nel nostro paese. Noi abbiamo scoperto quello che ci è stato consentito di scoprire (…) c’era una fitta rete di agenti atlantici che tirava i fili per far muovere tanti burattini (…) Di lì iniziò una grande opera di depistaggio che le vittime, i loro familiari e la coscienza democratica del nostro paese hanno pagato a caro prezzo»[5].

 

Per rendere l’idea di quanto importante sia la tematica, si farà di seguito una breve passeggiata nella storia. Soli sette passi. Il terreno è irto di insidie e di pericoli – un campo minato – in quanto di alcune vicende non è ancora nota la verità storica, si conosce solo quella politica (ovviamente non da tutti condivisa) e brandelli di quella giudiziaria. Per non deflagrare si poggeranno i piedi sulle orme già segnate da altri più autorevoli che vi si sono addentrati[6] (in caso di “piede in fallo”, sappia il lettore che questo sito non ha mai negato a nessuno il diritto di replica).

 

  1. I) Le basi delle condizioni d’impiego dei servizi segreti sono state poste con gli accordi CIA – SIFAR del 1952, che si materializzarono nel piano Demagnetize. Si legge in proposito nel libro di Faenza[7] che il piano consisteva in una serie di “operazioni politiche, paramilitari e psicologiche. Al generale De Lorenzo, capo del SIFAR, viene fatto sottoscrivere dalla CIA l’obbligo di aderire alle finalità del piano “Demagnetize” senza informare i suoi superiori al governo”. Precisa Faenza: “Questa fu la prima vera deviazione dei servizi segreti italiani, rimasta segreta sino a questo momento (…) del piano “Demagnetize” era previsto che i governi italiano e francese non dovessero essere messi a conoscenza, essendo evidente che esso può interferire con la loro rispettiva sovranità nazionale”. Aggiunge l’autore: “De Lorenzo sottoscrisse il piano “Demagnetize” e da questo momento in poi il SIFAR restò legato mani e piedi agli interessi del governo USA”. Alcuni titoli di notizie stampa non smentiscono. Anzi[8]

 

  1. II) Fanno riflettere alcune affermazioni del Senatore Cossiga[9]: «Il controllo del Governo sui servizi segreti? E’ limitatissimo, se dicessi che da Presidente del Consiglio ero in grado di controllare il SISMI (servizio segreto militare, ndr) affermerei qualcosa di falso». E chi li controllava, allora? «Vi è sempre stata ingerenza americana nei Servizi. Loro (gli americani, ndr) preferiscono trattare con i militari»[10]

 

III) Segue un estratto del paragrafo 24 della Relazione del COPACO del 6 aprile 1995, a firma dell’On. Brutti: “Risulta al Comitato che, fino alla fine degli anni 60 e all’inizio degli anni 70, le indagini finalizzate al rilascio del NOS riguardavano anche gli orientamenti politici. Vi erano – secondo uno schema che risaliva alla contrapposizione elettorale del 1948 – alcuni partiti guardati con sospetto, sebbene fossero rappresentati in Parlamento. Chi risultasse simpatizzante di quei partiti veniva considerato inaffidabile[11].”

 

III.1) Selezionare gli addetti alla sicurezza in base all’orientamento politico è quantomeno imprudente, a tacer d’altro. Sarebbe come se il presidente della squadra che ha vinto (a tavolino) il campionato fosse anche capo del servizio d’ordine e volesse scegliere tra la propria tifoseria gli agenti da destinare al servizio d’ordine allo stadio.

In caso di partite decisive per il campionato, forte sarebbe in lui la tentazione di approvare comportamenti antisportivi allo scopo di vincere facile; per esempio, infiltrare quegli agenti in abiti civili tra i tifosi della squadra avversaria con l’ordine di sparare petardi verso l’altra tifoseria.

Mi pare ovvio che gli agenti addetti al servizio d’ordine non possono tifare tutti per una stessa squadra … (quella che sostiene il Presidente d.C.).

Com’è altrettanto ovvio che il capo del servizio d’ordine, se è anche presidente della squadra che ha vinto il campionato, non può scegliere gli agenti tra i tifosi della sua squadra. Egli non dovrebbe proprio interessarsi alla fede calcistica degli uomini posti al suo comando, cioè non dovrebbe proprio sapere per quale squadra essi tifano.

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  1. IV) “““Il 24 ottobre 1990 Giulio Andreotti, capo del governo italiano, rivelò alla Camera dei Deputati l’esistenza di Gladio. Un’organizzazione paramilitare clandestina italiana di tipo stay-behind (“stare dietro”, “stare in retroscena”) promossa dalla NATO nell’ambito Operazione Gladio, organizzata dalla CIA per contrastare una ipotetica invasione dell’Europa occidentale da parte dell’Unione Sovietica e dei paesi aderenti al Patto di Varsavia, attraverso atti di sabotaggio, guerra psicologica e guerriglia dietro le linee nemiche, con la collaborazione dei servizi segreti e di altre strutture.

– Luigi Tagliamonte, capo dell’ufficio amministrazione del SIFAR, durante una delle varie inchieste che ruotarono intorno alla questione, relativamente ad una base di addestramento di Gladio dichiarò: «Sapevo che presso il Cag (il Centro addestramento guastatori di Punta Poglina vicino a Capo Marrargiu, Alghero) si effettuavano dei corsi di addestramento alla guerriglia, al sabotaggio, all’uso degli esplosivi al fine di impiegare le persone addestrate in caso di sovvertimenti di piazza, in caso che il PCI avesse preso il potere. Tanto sapevo io trattando pratiche di ufficio al SIFAR e relative al Cag. Oggi penso, riportandomi ai miei ricordi, che la citazione della eventuale invasione del nostro Paese, a proposito della necessità della struttura ove era incardinato il Cag, era un pretesto […] Il mio pensiero, testé formulato, deriva dal contenuto dei contatti che avevo con […] i quali, senza scendere nei dettagli, mi rappresentavano che il Cag esisteva per contrastare eventuali sovvertimenti interni e moti di piazza fatti dal Pci».

– Il generale Gianadelio Maletti, ex capo del Reparto D del SID del controspionaggio italiano, dichiarò nel marzo del 2001 che la CIA avrebbe potuto promuovere il terrorismo in Italia. Lo stesso Maletti, in diverse interviste e nell’audizione davanti alla Commissione Stragi, citò più volte l’interessamento degli Stati Uniti nei confronti di alcune personalità e di alcuni reparti militari. Proprio alcuni di essi furono coinvolti in tentativi di golpe avvenuti in Italia.

– L’ex terrorista Vincenzo Vinciguerra confessò nel 1984 al giudice Felice Casson di aver compiuto l’attentato terroristico di Peteano il 31 maggio 1972, nel quale tre carabinieri erano rimasti uccisi. Durante il processo, Vinciguerra spiegò come era stato aiutato dai servizi segreti italiani e come fuggì nella Spagna franchista dopo la strage di Peteano. L’ex terrorista, sentito nello stesso anno anche nel processo relativo alla strage di Bologna, parlò apertamente dell’esistenza di una struttura occulta nelle forze armate italiane, composta sia da militari che da civili, con finalità anti-invasione sovietica, ma che, potendo questa anche non avvenire, era stata in grado di coordinare le varie stragi per evitare che anche internamente il paese si spostasse troppo a sinistra. Il governo ordinò lo scioglimento dell’organizzazione Gladio il 27 luglio 1990””” (Fonte Wikipedia[12]).

– Nel libro di Emanuele Bettini, “Gladio. La repubblica parallela”, Ediesse ed. 1996 (alle pagg. 105-112) si parla di Gladio e dell’Operazione Delfino. L’unica documentazione (sottratta alla distruzione) di cui è possibile disporre relativamente all’attività di Gladio è quella che riguarda l’operazione Delfino svoltasi nel 1966 nelle zone di Monfalcone e Trieste.

– Antonio Garzotto, cronista giudiziario del Gazzettino a Padova, scrive in un suo articolo del 17 ottobre 1992 dal titolo Operazione “Delfino” misteri in Parlamento. Nuove rivelazioni dall’inchiesta “Gladio con le stellette”: La Delfino altro non avrebbe interpretato che un vademecum per la guerriglia messo appunto dalla CIA. Si tratta di un vero e proprio manuale di strategia della tensione: agenti della Gladio avrebbero dovuto infiltrarsi sia nelle file e nelle manifestazioni del Pci ma pure nelle frange della sinistra estrema per provocare «azioni violente moti di piazza uccisioni». Fare insomma insorgenza in tal modo e misura da sollecitare una forte reazione (la contro insorgenza) sì da legittimare un intervento di «stabilizzazione del potere» da parte dell’autorità di Governo. E due mesi dopo l’«esercitazione Delfino» a Trieste ignoti attaccarono a più riprese con bombe molotov la sede del Pci in via Madonnetta con l’evidente intento di scatenare la contro insorgenza senza peraltro fortunatamente raggiungere lo scopo. L’autore dell’articolo, Antonio Garzotto, il 7 luglio 1977 fu gambizzato con cinque colpi di pistola mentre usciva di casa.

 

  1. V) L’Ammiraglio Falco Accame, già Deputato e Presidente della 7a Commissione Difesa (dal 27 luglio 1976 al 26 luglio 1978), in un suo scritto del 4 gennaio 2007[13] ha definito il NOS una sorta di “attestato di anticomunismo[14].

V.1) A quei tempi i comunisti erano guardati con sospetto, erano considerati populisti.

Tutta la storia repubblicana, con i vari Governi che si sono succeduti, ritengo sia caratterizzata dalla coesistenza di un populismo di Governo, presentato come la soluzione di tutti i mali, e uno di opposizione, dipinto come demagogico e retorico.

Ago della bilancia è sempre stato il servizio pubblico di informazione.

 

VI) Di seguito uno stralcio dell’interrogazione – e relativa risposta – nr. 4/00074 del 29 aprile 2008.

“““Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle comunicazioni.

Per sapere – premesso che da notizie di stampa si apprende che sarebbe attivo un «organo esecutivo sicurezza» (OES), alle dirette dipendenze del Ministero delle comunicazioni, con il compito di «vagliare» le notizie da diffondere; di questa struttura farebbero parte circa 50 giornalisti che avrebbero il potere di autorizzare il «Nulla osta di sicurezza» (NOS) sulla divulgazione di notizie sulle reti della tv pubblica; la rivelazione dell’esistenza di un organo preposto alla tutela del segreto di Stato in Rai, sarebbe stata fatta la settimana scorsa, durante una riunione dell’Autorità nazionale per la sicurezza (Ans), da parte del rappresentante del dicastero delle Comunicazioni, attualmente guidato da Paolo Gentiloni – (…) se risponda al vero che in Rai sarebbe attivo un «organo esecutivo sicurezza» (OES), alle dirette dipendenze del Ministero delle comunicazioni e, se fosse confermato, chi abbia scelto i giornalisti che ne farebbero parte, con quali criteri siano stati scelti, se sia loro corrisposto un emolumento; se risponda al vero che i membri dell’OES avrebbero il potere di autorizzare il «Nulla osta di sicurezza» (NOS) sulla divulgazione di notizie sulle reti della tv pubblica; se risponda al vero che il regolamento attuativo emanato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri è stato classificato riservatissimo e, se fosse confermato, quali ne siano le ragioni e chi siano le persone che sono a conoscenza del contenuto (…) (4-00074).”””

La risposta giunse dopo ben due anni.

Atto Camera Risposta scritta – pubblicata lunedì 24 maggio 2010 nell’allegato B della seduta n. 326 – all’Interrogazione 4-00074.

“““In relazione all’atto di sindacato ispettivo in esame, concernente la presunta esistenza di un organo preposto alla tutela del segreto di Stato in Rai, si fa presente che l’Ufficio centrale per la sicurezza (Ucse) ha precisato che le notizie stampa concernenti l’esistenza, in ambito Rai, di un «organo esecutivo di sicurezza» (Oes), con il compito di «autorizzare il Nos (nulla osta di sicurezza) sulla divulgazione di notizie sulle reti della Tv pubblica», sono prive di fondamento. (…) Ciò premesso, il ministero dello sviluppo economico, appositamente interpellato dall’Ucse in relazione all’interrogazione in argomento, ha confermato che i compiti del Punto di controllo Nato-Ueo, istituito in ambito Rai quale titolare di servizio pubblico, ai sensi dell’articolo 14 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 febbraio 2006, in analogia a quanto previsto per i settori della pubblica amministrazione, sono invece esclusivamente quelli di verifica ed attuazione delle misure volte alla tutela delle informazioni classificate, secondo quanto stabilito dalla citata disposizione. In particolare per ciò che attiene a quanto riportato dall’interrogante riguardo al Nos previsto dall’articolo 9 delle legge n. 124 del 2007, il nulla osta di sicurezza viene rilasciato a dipendenti Rai in ragione dell’espletamento di incarichi di natura amministrativa e non riguarda, quindi, l’attività di giornalista. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito[15]”””.

VI.1) Confesso che l’assoluto disinteresse mostrato dalla stampa per questa interrogazione e relativa (tardiva) risposta all’epoca mi lasciò molto perplesso.

A volte ho come l’impressione che alcune notizie non abbiano sugli organi di informazione la risonanza che meriterebbero ed altre ne hanno fin troppa. Per esempio, non mi è sembrato affatto speculare la scarsa eco che ha avuto la notizia dell’inesistenza delle armi di distruzione di massa nella disponibilità di Gheddafi, rispetto alla notizia, in precedenza ampiamente propagata, che le dava per certamente esistenti.

E ancora, è stato abbastanza insolito che il primo dicembre 2014 molti cattolici italiani, per leggere un commento ampio e ragionato sul pensiero di Papa Francesco, abbiano dovuto acquistare “Il Fatto Quotidiano”. Il giorno prima il Papa nel corso di una intervista, sul volo di ritorno dalla Turchia, aveva detto: «Il traffico delle armi è terribile, è uno degli affari più forti in questo momento. Si moltiplicano i conflitti perché si danno le armi. L’anno scorso a settembre si diceva che la Siria aveva le armi chimiche: io credo che la Siria non era in grado di fare le armi chimiche. Chi gliele ha vendute? Forse alcuni di quelli che poi l’accusavano di averle. Su questo affare delle armi c’è tanto mistero».

Ed infine, trovo assai singolare che i migranti siano quasi sempre presentati dai media come causa di vari problemi – il che non è del tutto inesatto – ma quasi mai come effetto delle nostre “esportazioni di democrazia” a suon di bombe. Ci fu addirittura un ministro anni fa che affermò la necessità di “armare la pace”. Un paradosso. Eppure le sue parole ebbero vasta eco sugli organi di informazione. Addirittura la stampa cattolica diede risalto alla notizia, quasi come fosse l’evoluzione della profezia di Isaia: “imparare l’arte della guerra, onde evitare che una nazione alzi più la spada contro un’altra nazione”.

 

VII) Ultimo passo. Il nuovo foglio notizie (edizione 2017) fa venire in mette il vecchio “modello 70” di cui si parla in un volumetto[16] scritto a quattro mani nel 1973 da Sandro Canestrini e Aldo Paladini (noto avvocato il primo, giornalista e saggista l’altro).

“““ le dirigenze militari lo chiamano di solito “il noto modello”, con una punta di mistero giustificata dalla sua sostanziale illiceità, il modello 70 è un formulario che i comandanti inviano ai carabinieri dei paesi d’origine o di provenienza della recluta prima ancora ch’essa entri in caserma. Sul conto dell’arruolato di leva, tramite le “opportune indagini” svolte dalla benemerita, si vogliono sapere varie cosette: chi sono e che fanno i suoi genitori, i fratelli, le sorelle, la moglie, i suoceri e le eventuali persone conviventi; com’è giudicata la condotta morale non soltanto della recluta, ma anche di tutti i suoi sopraccitati familiari; quali sono le condizioni di salute dell’arruolato e della sua famiglia “con particolare riguardo a malattie di carattere ereditario, precedenti psicopatologici ed eventuali ricoveri in istituti per malattie mentali”; se esistono precedenti o pendenze penali della recluta e dei membri della famiglia d’origine o acquisita; in quali condizioni economiche versa l’arruolato (“ottime, buone, precarie”), e infine – ecco la cosa veramente importante, la notizia preziosa – se lui e i suoi familiari non s’interessano di politica o invece sono iscritti a qualche partito, con indagine da estendere anche al semplice “orientamento” in una o altra direzione politica.

Di tutte queste informazioni il comandante del corpo e più generalmente i superiori dell’arruolato dovrebbero valersi (questa almeno la giustificazione ufficiale) per vedere se sia il caso di fidarsi o di diffidare di lui “ai fini dell’impiego in incarichi di carattere riservato”. Ma a parte il fatto che non si vede perché, a quello scopo, sia necessario conoscere se il soggetto è ricco o povero, se suo padre ha un’amante o non ce l’ha, se il nonno o il suocero sono deboli di polmoni oppure crepano di salute, se il fratello anni fa ha rubato un paio di galline o la sorella in minigonna corrisponde alle brame di qualche bel tenebroso; a parte tutto questo, dicevamo, è chiaro che le informazioni riportate nel modello 70 servono essenzialmente ai superiori per tenere in buona considerazione la recluta di opinioni conformistiche (e meglio se non “inquinata” da tendenze politiche, perché suscettibile di assorbire quelle di destra generalmente predilette dagli alti e meno alti esponenti della gerarchia militare), o invece per precipitarla fin dall’inizio nella geenna dei reprobi.

Le “ragioni di sicurezza” invocate in vista dell’affidamento al soldato in servizio di eventuali “incarichi riservati” sono evidentemente una scusa.”””

Molto accese erano a quei tempi le discussioni sulla schedatura dei militari per ragioni politiche; si consideri che vennero individuate anche delle categorie differenziate (A, B, C) di pericolosità in relazione agli atteggiamenti politici e sindacali.

Furono proprio i rischi connessi alle conseguenze di tali eccessi che indussero il Parlamento ad introdurre nel testo della legge 382/78 il vigente divieto di schedatura dei militari.

 

  1. Conclusioni

 

Le innovazioni introdotte con il nuovo foglio notizie per il rilascio delle abilitazioni di sicurezza, in linea di principio, sono utili per far luce sul profilo dei custodi del segreto. E’ legittimo attingere informazioni anche dal profilo social network (facebook, twitter, linkedin) per valutare l’affidabilità di coloro che, in accordo con il presidente del Consiglio, programmano ed eseguono operazioni segrete in difesa degli interessi dello “Stato-comunità[17]”.

Purtuttavia, è assolutamente necessario separare il nitro dalla polvere di carbone.

Non è accettabile che non si possa accedere agli atti concernenti le procedure di diniego, limitazione, sospensione, revoca e proroga dell’abilitazione. Una selezione dei custodi dei segreti e del personale dei servizi che tenga conto, anche e non solo, di una non meglio specificata analisi del profilo social (leggasi orientamento politico) senza però svelare i criteri di selezione, mi pare oltremodo pericolosa per la democrazia; potrebbe, in astratto, preludere alla creazione di una forma di discriminazione per motivi ideologici o politici. Il passo successivo potrebbe essere l’uso improprio del segreto, la deviazioni, l’abuso.

Per di più, l’ordinamento militare – svincolato dal principio di legalità – non ha in se gli anticorpi per contrastare eventuali ordini che non andrebbero eseguiti[18]; pertanto l’obbedienza militare cieca e assoluta troverebbe nei profili omogenei dei militari un pericoloso terreno fertile. L’eterogeneità dei profili, invece, non dico che garantirebbe quell’obbedienza “leale e consapevole” che immaginava Sandro Pertini[19], ma, quantomeno, offrirebbe maggiori garanzie di legalità.

 

Da altro punto di vista. Se, in potenza, i militari sono tutti affidabili, dal momento che all’atto dell’arruolamento prestano un giuramento di fedeltà alla Costituzione e alle istituzioni, che bisogno c’è di procedere con ulteriori selezioni? Una ulteriore selezione lascia intendere che alcuni siano ritenuti più affidabili di altri, e allora ci si chiede:

– Quale forma di fedeltà aggiuntiva ci si aspetta dai più fedeli tra i fedeli?

– Questi fedelissimi quali garanzie supplementari dovrebbero offrire?

“Il mito dell’apoliticità – per come è stato tradizionalmente impostato – ritengo sia una semplice illusione che nasconde la chiara scelta politica di subordinare le forze armate e di polizia a ordinamento militare non tanto alla difesa dei valori costituzionali, quanto piuttosto alle esigenze perseguite, attraverso l’apparato esecutivo, dai gruppi egemoni nella realtà civile e sociale del Paese”[20]. Catalogna docet.

Non si dimentichi che solo qualche anno fa la Corte Costituzionale[21] è stata chiamata a decidere su un conflitto di attribuzione insorto nell’ambito di un procedimento penale a carico del direttore del SISMI e di un suo collaboratore del servizio segreto (sentenza nr. 40/2012). I due erano accusati di vari reati per aver, in sostanza, posto in essere un’attività illegale di raccolta di informazioni, anche al fine di organizzare campagne diffamatorie a mezzo stampa, su una serie di soggetti (esponenti politici, magistrati, giornalisti) considerati ostili al Governo allora in carica.

 

Considerato il delicato momento storico che stiamo attraversando caratterizzato da crescenti diseguaglianze e tensioni sociali, mi chiedo se sia stato prudente elevare il profilo social, leggasi orientamento politico, a parametro per la concessione delle abilitazioni NOS. Come se non bastasse, una tale innovazione giunge a poca distanza da una precedente riforma che ha impegnato la polizia giudiziaria ad informare la scala gerarchica sulle indagini in corso (per un ampio approfondimento sul punto, clicca QUI).

Premesso tutto quanto sopra esposto, sarebbe auspicabile che le credenziali NOS fossero riconosciute d’ufficio all’atto del giuramento a tutti i militari. Sarà facoltà dell’autorità procedente sospenderle nel caso dovesse ritenere il militare non più affidabile, con provvedimento puntualmente motivato, recante i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione. Mi rendo conto, però, che ciò è pressoché irrealizzabile, in ragione della caratura degli interessi in gioco.

In subordine, pertanto, auspico che dal foglio notizie per il rilascio delle abilitazioni di sicurezza sia eliminato ogni riferimento agli indirizzi e-mail e ai siti web, blog e profili social network (facebook, twitter e linkedin) e sia contestualmente abrogato il divieto di ostensione dei documenti concernenti le procedure di rilascio, diniego, limitazione, sospensione, revoca e proroga relative ai NOS.

 

Cleto Iafrate

 

Post Scriptum

“La democrazia è idealmente il governo del potere visibile, cioè del governo i cui atti si svolgono in pubblico, sotto il controllo della pubblica opinione” (N.Bobbio).

 

[1] «Quand’anche tu ti lavassi col nitro e usassi molto sapone, la tua iniquità lascerebbe una macchia dinanzi a me, dice il Signore, l’Eterno» (Geremia 2,25).

[2] «Cantar delle canzoni a un cuor dolente è come togliersi l’abito in giorno di freddo, e mettere aceto sul nitro» (Proverbi 25,20).

[3] Per tutte cito la sentenza n. 266/1998 con cui il massimo organo di giustizia amministrativa stabilisce che quel decreto è illegittimo, e va pertanto disapplicato”. Lo spunto viene offerto dalla vicenda di un caporale dell’esercito, che, vistosi negato l’accesso ad alcuni atti che intendeva visionare, ricorre con esito favorevole al TAR. Il Ministero della Difesa appella la sentenza, deducendo, in sintesi, che trattandosi di atti inerenti al rilascio di NOS aventi ad oggetto espressamente ‘Esito informazioni NOSe classificati come ‘Riservati’ sono esclusi dalla divulgazione, ai sensi dell’allegato 1 punto 13 (Concessione di nulla osta di segretezza) e del punto 14 (rapporti informativi sul personale militare) del DM 519/95.

Il Consiglio di Stato, nel respingere l’appello, stabilisce che, “stante la potenziale capacità delle note informative – sia pure definite riservate – di influire sulla carriera del dipendente, è innegabile l’interesse del sottufficiale interessato a tutelare la propria situazione”.

In ogni caso, “la riservatezza tutelata non può essere – come si pretende e in assenza di ulteriori previsioni e specificazioni rispetto al D.M. n. 519 del 1995, più volte ritenuto illegittimo e come tale disapplicato da questo Consesso – quella dell’Amministrazione che ha formato i documenti cui l’interessato intende accedere ovvero delle persone chiamate ad esprimere il giudizio valutativo, ma solo quella di ‘terzi, persone, gruppi ed imprese’ (così, Cons. Stato, Sez. IV, 9 ottobre 1997, n. 1228)”.

Prosegue il Consiglio di Stato: “Con riguardo alla prevalenza della legge sul decreto ministeriale, che individua gli atti sottratti all’accesso, secondo giurisprudenza di questo Consesso, dalla quale non vi sono ragioni allo stato per discostarsi, il regolamento del Ministero della difesa (d.m. 14 giugno 1995 n. 519) che individua gli atti sottratti all’accesso in applicazione dell’art. 24 comma 2 l. 7 agosto 1990 n. 241, è illegittimo, e va pertanto disapplicato, nella parte in cui non consente la visione degli atti riguardanti la carriera dell’interessato e, come tali, non incidenti sulla riservatezza di altri soggetti terzi, ma solo per asserite ragioni di riservatezza dell’amministrazione (così Consiglio Stato , sez. IV, 11 febbraio 1998 , n. 266). (Consiglio Stato, sez. IV, 11 febbraio 1998, n. 266).

[4] Per un approfondimento sulla vicenda: http://www.quotidianogiuridico.it/documents/2017/09/26/non-viola-il-giusto-processo-la-revoca-del-nulla-osta-di-sicurezza-al-ministro-in-base-a-informazioni-riservate.

 

[5] (Fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/17/piazza-della-loggia-la-verita-gia-nota-40-anni-fa-ma-le-indagini-puntarono-altrove/3859161/).

[6] Eccezion fatta per i soli paragrafi scritti in minuscolo: III.1); V.1) e VI.1).

[7]Il malaffare: dall’America di Kennedy all’Italia, a Cuba, al Vietnam” – (Mondadori ed. 1978) di Roberto Faenza, con la collaborazione di Edward Becker e prefazione di Giorgio Galli.

[8] Di seguito alcuni titoli di articoli pubblicati sulla stampa:

– La Stampa, 3 novembre 1990: Intervista a FANFANI: «MI TENNERO ALL’OSCURO, ORA CAPISCO»;

– La Stampa, 6 novembre 1990: “NESSUNO INFORMO’ LEONE AL QUIRINALE”;

– Repubblica, 7 novembre 1990: “CRAXI FU INFORMATO SOLO UN ANNO DOPO”;

– Repubblica, 8 novembre 1990: “CE’ NELL’ARIA UN SENTORE DI INTRIGO – Craxi venne informato da Martini in ritardo e in modo insufficiente”;

– Repubblica, 9 novembre 1990: “IO INVECE NON SAPEVO NULLA – Spadolini insiste, Mastelloni lo smentisce”;

– l’Unità, 22 novembre 1990: “ERO IL CAPO DEL GOVERNO E IGNORAVO LA GLADIO” – Spadolini conferma e denuncia: “Come presidente del Consiglio non fui informato di “Gladio” e come ministro della Difesa seppi tardi e male”. L’iniziativa Pci impone un primo squarcio nella segretezza dell’inchiesta del Comitato Parlamentare sui Servizi;

– Repubblica, 24 novembre 1990: LAGORIO: “MAI SENTITO DI QUELL’ORGANIZZAZIONE” – Parla l’ex ministro socialista alla Difesa;

– Repubblica, 29 novembre 1990: “GLADIO? MAI SENTITO” – Lattanzio smentisce i capi del Sismi. Il ministro ha avuto la responsabilità della Difesa nel ’76. Mastelloni a Roma esaminerà tutti i documenti di Argo 16.

[9] Apparse su “L’Unità” del 31 maggio 1993 e su “Il Corriere della Sera” del 1 giugno 1990.

[10] Così come riportato anche nel “Commento in forma provvisoria alla proposta di legge n. 2070 sulla riforma dei servizi segreti” di Falco Accame, 4 gennaio 2007 – pag. 24.

[11] Così come riportato nel “Commento in forma provvisoria alla proposta di legge n. 2070 sulla riforma dei servizi segreti” di Falco Accame, 4 gennaio 2007 – pag. 14

(http://www.amid.it/visualizza/Osservazioni%20sul%20pdl%20Scajola.pdf).

[12] Link alla fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Organizzazione_Gladio

[13] http://www.amid.it/visualizza/Osservazioni%20sul%20pdl%20Scajola.pdf

[14] Vedi “NOS: attestato di affidabilità secondo le regole della NATO” in Corriere della Sera del 9 ottobre 1999, pag. 2.

[15] http://storia.camera.it/documenti/indirizzo-e-controllo/20080429-20100524-interrogazione-risposta-scritta

[16]Il potere repressivo. L’ingiustizia militare. Natura e significato dei processi davanti ai giudici in divisa“, Milano, 1973 (Feltrinelli), pag. 85-86.

[17] L’espressione è stata ripresa dalla sentenza 82/1976 della Corte Cost.. Interesse che la Corte Costituzionale ha definito «presente e preminente su ogni altro in tutti gli ordinamenti statali, quale ne sia il regime politico».

[18] Per un approfondimento sulle problematiche connesse all’obbedienza militare, rimando al seguente articolo: http://www.dirittoequestionipubbliche.org/page/2016_n16-2/b-studi_03%20Iafrate.pdf

[19] Ibidem, pag. 323.

[20] Ibidem, pag 334.

[21] Pubblicata in Giur cost., 2012, pp. 486 ss., con note di A. Pace e A. Anzon.

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